Supreme: strategia, marketing e business di un marchio unico
Supreme: strategia, marketing e business di un marchio unico
Famoso, distinto e affermatosi in modi e tempi anomali il brand Supreme è ad oggi uno dei marchi più noti e ricercati del mercato streetwear internazionale. Un brand creato non per la ricerca della fama ma per determinazione e interesse del suo fondatore James Jebbia che nel 1994 ad appena 19 anni torna negli USA dopo aver trascorso l’adolescenza in Inghilterra, ed è proprio in America che crea un marchio di nicchia dedicato agli skaters, pur non essendo un campione ma solo un appassionato del genere. Jebbia apre il primo store a New York, un ambiente pensato per il suoi clienti che possono liberamente girare nel negozio con il proprio skateboard. Da quel momento l’ascesa di Supreme è stata inarrestabile, vent’anni di successi contrassegnati da una politica di marketing, comunicazione e diffusione decisamente atipica: poche vendite on line, pochi store solo 11 nel mondo, limitazione nelle collezioni sono alcuni degli aspetti principali che contraddistinguono il modo di lavorare di questo acclamato brand.
Supreme: il reselling un apparente limite al brand
Nell’analisi di comprensione del successo continuo di Supreme vanno analizzati due aspetti fondamentali: il reselling e il mercato della contraffazione. Il reselling è considerato uno dei punti deboli di Supreme, in quanto le collezioni del brand sono composte da pochi pezzi, in molti casi unici e vanno a ruba quasi immediatamente. Quando Supreme rende noto il “drop” di vendita di una nuova collezione i capi si esauriscono in meno di mezza giornata, ma non tutti gli acquirenti sono fans del marchio in molti casi acquistano per rivendere a prezzi maggiorati online. Un fenomeno che i vertici di Supreme non condividono e che stanno cercando di limitare ponendo dei limiti agli acquisti, come per esempio non permettere di comprare più di un capo dello stesso tipo, e se si chiede una taglia che non è palesemente compatibile con la propria fisicità, la vendita può essere rifiutata. Nonostante James Jebbia continui a sostenere che Supreme sia un brand destinato a tutti, non elitario, la scelta di fabbricare capi in maniera limitata è giustificata dalla decisione di non rischiare eccessive rimanenze in magazzino, e, nonostante ciò, il brand continua a crescere e a conquistarsi il titolo di status per gli adolescenti e non solo. Se poi star come Fedez e Ferragni gli danno una continua visibilità, il fenomeno non può che alimentarsi e contraddire le buone intenzioni originarie del suo fondatore.