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Come è cambiata la pubblicità con il Lockdown

Con l’inizio del Lockdown molti brand si sono chiesti che atteggiamento pubblicitario avere. Il leitmotiv di molte riunioni dei reparti marketing è stato: “conviene in un momento così delicato fare pubblicità come se nulla fosse?”

La paura di una perdita di capitale reputazionale è legittima. Soprattutto per chi prevedeva nelle proprie campagne azioni in contrasto con la situazione attuale, come la vicinanza fisica alle persone care, il viaggiare, il mangiare in ristoranti e locali, fare la spesa in punti vendita e così via.

“Crodino”, ad esempio, da poco aveva avviato una campagna di abbracci ad una scimmia. Vero che almeno non era un pipistrello ma, diciamo la verità, non sarebbe stata una genialata proseguire con la campagna.

I comportamenti osservati sono quindi riassumibili in tre macro-categorie:

  1. Sospensione totale delle campagne pubblicitarie
  2. Campagne pubblicitarie di ringraziamenti e/o adattate alla situazione in corso
  3. Programmazione normale, come se nulla fosse

A fare notizia nella prima categoria è stata di certo la Coca Cola, che ha ritenuto più opportuno concentrare le attenzioni e le energie su aspetti di maggiore importanza in questo momento, comunicando unicamente la donazione della sua fondazione di 120 milioni di dollari a livello globale a sostegno dell’emergenza Covid-19.

Vero è che da tempo si vociferasse (in modalità un amico di un amico di un mio amico) che la nota azienda di Atlanta volesse sperimentare un silenzio pubblicitario per altre ragioni ma, a mio avviso, questa è stata un’ottima scelta dal punto di vista reputazionale, perfettamente in linea con i nuovi doveri e impegni che le aziende dovranno proporre come scelte di policy nei prossimi mesi e anni. La Coca Cola (dopo anche le indicazioni sempre più chiare dei fondi investimento) ha capito probabilmente quanto sia importante formulare decisioni responsabili.

Gli altri brand che hanno deciso di interrompere le campagne rientrano o in categorie merceologiche particolarmente penalizzate dal lockdown o tra quelle che avevano in cantiere campagne non consone al momento.

Nel secondo campo, ovvero i Brand che hanno creato campagne ad hoc, gli esempi si sprecano.

Uno tra i primi a cambiare la propria comunicazione pubblicitaria per il pubblico italiano è stato Vodafone, con uno spot intitolato “Insieme” e realizzato tutto da remoto con la collaborazione dei clienti e stakeholder.

Barilla ha dedicato il suo spazio pubblicitario sul Corriere della Sera del 2 marzo 2020 ai propri dipendenti, che stanno continuando a lavorare anche in questo difficile periodo, ringraziandoli uno ad uno, con un lungo elenco di nomi e un messaggio breve e chiaro sintetizzabile in quel «siamo fieri di voi» evidenziato con maiuscole e grassetto. Ha inoltre realizzato uno spot con la voce narrante di Sophia Loren,  che racconta l’#italiacheresiste, ovvero un paese in cui sono in tanti a lavorare comunque ogni giorno (medici, infermieri, ricercatori, panettieri, forze dell’ordine e non solo), in cui si canta e si danno messaggi positivi dai balconi, in cui si continua a sperare.

Con questa politica del “Grazie” hanno lavorato anche Esselunga e altri brand, diventando man mano sempre più invisibili.

Interessante anche chi ha mantenuto la propria linea pubblicitaria adattandola però alla situazione. È il caso ad esempio di Segugio.net, Wind, Fox o Poltrone & Sofà. Quest’ultimo Brand tra l’altro per la prima volta ha eliminato l’usuale promozione in scadenza alla fine della settimana, venendo meno ai principi di scarsità e urgenza, fondamentali leve di marketing nel loro operato.

Infine c’è chi è andato avanti senza sentire la necessità di fare riferimenti alla situazione attuale come L’oreal, e

Anche Disney ad esempio senza alcuna “solidarietà digitale”, vista in altri ambiti simili, ha lanciato la sua piattaforma Disney+ esattamente come da programma, senza cambiare di un palmo la strategia e i messaggi pubblicitari e il tutto, va aggiunto, con grandi risultati i termini di abbonati e conseguentemente di fatturato.

Tutti i brand si sono mossi quindi in uno dei tre ambiti. La domanda da porsi ora è:

Quale di queste tre è stata la scelta migliore in termini reputazionali?

Anche se tante indagini e interviste hanno dimostrato che gli utenti, molto spaventati dal virus, dichiarano di non gradire la pubblicità definendola “inopportuna”, quando tutto sarà finito quale strategia avrà pagato di più in termini reputazionali:

  • Quella di chi ha lasciato la piazza?
  • Quella di chi ha voluto sottolineare il momento, magari suscitando emozioni positive?
  • O quella di chi è andato avanti, perché non ha fatto ulteriormente pesare la stressante situazione?

È quello che ci stiamo chiedendo in Zwan e che stiamo monitorando con Reputation Rating, il primo algoritmo che misura tutte le dimensioni della Reputazione, sia online che offline. Quando avremo i dati sarete i primi a saperlo.

Se avete necessità di dati o analisi su un Brand particolare, chiedete pure.

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