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Come prepararsi al Mondo Complesso

Quando nel 1989 Robert Zemeckis girò Ritorno al Futuro – Parte II si immaginò un 2015 pieno di straordinarie invenzioni, e in effetti da qualche anno abbiamo ormai quotidianamente a che fare con videochiamate, social network, occhiali con display video e software per il riconoscimento facciale (a dire il vero, anche con le scarpe Nike che si allacciano da sole!). Ma nemmeno il buon Marty McFly, il protagonista della trilogia, poteva immaginare che allo stesso tempo avremmo conosciuto tecnologie come la blockchain e le stampanti 3D, o che avremmo avuto nelle nostre case assistenti virtuali come Siri o Alexa. La cosa più sorprendente è che queste sono soltanto alcune delle scoperte “minori”: se guardassimo nel campo dell’intelligenza artificiale o delle biotecnologie troveremmo invenzioni sufficienti a scrivere almeno un’altra trilogia di Ritorno al Futuro!

[/vc_column_text][vc_column_text]L’innovazione tecnologica ci permette quindi di superare i vincoli che rendevano alcune azioni impossibili, rendendole ora possibili. Se ad esempio per soddisfare la crescente domanda di energia abbiamo bisogno di nuove fonti da cui attingere, grazie all’innovazione tecnologica siamo in grado di produrla partendo dalla fissione nucleare oppure dalla luce solare, oppure di attingere a giacimenti di combustili fossili situati a profondità in precedenza inaccessibili. Allo stesso modo siamo in grado di costruire nuovi strumenti, eseguire calcoli più potenti ed effettuare analisi più accurate, riducendo così i costi da sostenere per poter svolgere qualunque tipo di lavoro, compresa la quantità di “ore lavoro” umane.

A questo punto la domanda sorge allora spontanea: se con l’aumentare della tecnologia disponibilità si riduce la quantità di lavoro umano necessario, non stiamo allora andando verso un mondo in cui ci sarà una sempre maggiore disoccupazione? Cosa mi dovrebbe far pensare che, qualunque sia il lavoro che io oggi svolgo, io non possa un domani aggiungermi alla schiera di lampionai, lattai, centralinisti e manovratori di ascensori che nei decenni passati lavorano quotidianamente nelle nostre città? Anche se le statistiche non confermano questa ipotesi, visto che i tassi di disoccupazione continuano ad avere andamenti ciclici senza mostrare trend significativi nel corso dei decenni, alcune cose sembra stiano negli ultimi anni cambiando sensibilmente.
Quando i lampionai o i lattai di tutto il mondo hanno perso il proprio lavoro, compatibilmente con lo stato dell’economia nei propri paesi avevano un’ampia scelta di nuovi lavori da fare: magazzinieri, postini e uscieri erano lavori che non richiedevano una grande preparazione e di conseguenza un’ampia mobilità orizzontale consentiva loro di spostarsi senza troppe difficoltà da un lavoro all’altro. Le professioni che richiedevano una lunga e costosa formazione specifica erano poche, sostanzialmente solo quelle dei medici e degli avvocati: a parte queste, con un po’ di esperienza qualunque lavoratore poteva nel giro di poco apprendere un nuovo mestiere. Oggi la situazione appare decisamente cambiata proprio perché sempre un maggior numero di attività a basso valore aggiunto sono delegate ai software e alle macchine e i lavori demandati alla specie umana richiedono una formazione sempre più specifica e complessa.

Cosa è il Mondo Complesso?

Complesso viene dal latino «complexus», ossia “fatto di più parti, intrecciato”. Spesso usiamo il termine “complesso” come sinonimo di “complicato”, ma i due termini hanno un significato profondamente diverso. Se pensiamo a qualcosa di “complicato” pensiamo ad esempio alla meccanica di un orologio, dove appunto esistono le “complicazioni” che sono uno degli elementi che ne determinano il valore. Ma un orologio, per quanto complicato sia, possiamo aprirlo e un pezzo per volta ridurlo agli elementi semplici (gli ingranaggi) che lo compongono. Ciò che invece è “complesso”, per l’appunto “intrecciato”, non può essere ridotto alla somma delle sue parti. Pensiamo ad esempio a un ufficio: possiamo dire che questo sia definito dall’insieme dell’arredamento, oppure delle persone che lo compongono, oppure delle regole interne? O anche alla somma di tutte queste cose insieme? Le organizzazioni sono fenomeni complessi, governati da intrecci di causalità sistemiche piuttosto che da fenomeni rigidamente deterministici. Pensa ad esempio alla tua attività quotidiana: certo, in alcuni casi è senz’altro vero che “se fai A allora succede B“, ma il più delle volte può succedere che ogni momento della vita della tua organizzazione sia determinato da un numero talmente elevato di fattori imprevedibili (i clienti, i fornitori, i colleghi, etc.) che l’esito di un’azione diventa scarsamente prevedibile, soprattutto quando parliamo di processi complessiper l’appunto.

In qualche modo, la Reputazione rappresenta uno dei fattori che stabilizzano i sistemi complessi. Se la mia organizzazione ha una buona reputazione, interagirà in maniera più semplice con i propri utenti, negozierà in maniera più semplice con i propri fornitori e accederà in maniera più semplice al mercato dei capitali. Questi aspetti oggi sono sempre più cruciali per poter mantenere la propria efficacia in un mondo che si evolve a ritmi sempre più frenetici e che diventa sempre più complesso. Per questo è necessario sviluppare un modello di analisi che sia da una parte abbastanza semplice da poter essere utilizzato nella vita quotidiana, ma dall’altra sia sufficientemente ampio da comprendere tutto lo spettro di fenomeni in corso e nel quale siamo immersi.[/vc_column_text][vc_column_text]

“Mondo Complesso” sarà presto disponibile in tutte le librerie! Se vuoi essere aggiornato sul mio nuovo libro utilizza il form qui sotto 😉

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