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La ricetta segreta per arginare le situazioni di crisi della Reputazione e il caso Johnson & Johnson

Immaginate di essere Manager o addirittura gli imprenditori di una casa farmaceutica. Vi svegliano nel cuore della notte. Dieci persone sono morte dopo aver preso un analgesico della vostra compagnia.

Se siete aziende strutturate probabilmente ci sono una serie di casistiche che più o meno prevedete che possano avvenire, ma cavolo dei morti a causa di un prodotto che non comporta questo rischio no.

Una situazione di impotenza allo stato puro. Credo che ognuno di noi immaginerebbe il proprio futuro in bilico. Ogni giorno migliaia di persone comprano i nostri farmaci, stiamo attenti alla grafica della confezione magari, o alla prossima pubblicità. Stiamo attenti ai più piccoli dettagli ma?

Anche se non gestisci case farmaceutiche questo non vuol dire che una cosa simile non può accadere all’interno dell’organizzazione per la quale lavori.

Sia essa piccola o grande.

Eppure a questa cosa ci puoi arrivare preparato.

Per fare un esempio concreto, nel settembre dell’82, un anno prima della mia nascita, sette persone morirono a Chicago dopo aver preso delle compresse di Tylenol, un analgesico della Johnson & Johnson, avvelenate al cianuro.

All’indomani dei primi decessi la società farmaceutica organizzava subito una conferenza stampa, trasmessa via satellite, per intimare a tutti i distributori il blocco delle vendite. Nel frattempo partivano 450.000 lettere di avvertimento ai medici, farmacisti e ospedali insieme ad un allarme internazionale. La rapidità dell’indagine interna effettuata dalla società farmaceutica consentì di dimostrare che l’avvelenamento non era stato causato dal processo di fabbricazione, ma era frutto di un sabotaggio esterno.

Questo fu possibile anche grazie all’importantissimo appoggio di una fonte autorevole, la US Food and Drugs Administration, che venne coinvolta nel processo come giudice super partes.

Il pubblico fu informato così di tutti gli sviluppi, ora per ora, con una task force diretta dallo stesso Presidente della Johnson & Johnson, che si riuniva due volte al giorno con addirittura quaranta esperti che si interfacciavano ogni minuto con la stampa. Un sondaggio di opinione, realizzato poche settimane dopo, consentì di appurare che il 90% delle persone intervistate assolveva l’azienda da ogni responsabilità per l’accaduto.

La comunicazione post-crisi fu altrettanto efficace. Una mega conferenza con 500 giornalisti servì a presentare le misure di sicurezza adottate dalla società e il nuovo packaging antisabotaggio.

Le campagne pubblicitarie raggiunsero l’85% dei consumatori. L’attenzione ai clienti si concretizzò anche con un centro di ascolto per raccogliere, tramite un numero verde, i timori del pubblico, e fornire loro risposte. Furono mobilitati più di 2.000 venditori per convincere medici e farmacisti a raccomandare nuovamente ai loro pazienti l’uso dell’analgesico. Uno dei grandi segreti, alla base di ogni attività di comunicazione, è stato quello di creare messaggi diversi e personalizzati a seconda del tipo di interlocutore: vittime e familiari, media, dipendenti, azionisti, distributori, medici e farmacisti. La gestione di questa crisi è stata quindi contraddistinta da due fattori che ne hanno determinato il successo: Capacità di iniziativa dell’azienda, che assunse un ruolo attivo nella vicenda, come protagonista, e non subendo gli attacchi dai media. Costante riferimento degli atti gestionali e delle attività di comunicazione ai valori etici aziendali dichiarati nel loro credo: tutela della salute e rispetto del loro pubblico di riferimento.

Da questa emergenza, che avrebbe potuto distruggere per sempre il brand, la Johnson & Johnson ne è uscita addirittura rinforzata.

Da questo caso ne possiamo trarre delle importante indicazioni.

Micheal Sitrick, ex reporter e mago delle pubbliche relazioni e del crisis management, chiamato a Los Angeles il “fire stopper”, suggerisce una vera e propria ricetta, divisa in 8 regole, per affrontare una crisi:

  1. I media si muovono in gruppo, tutti dalla stessa parte; bisogna essere in testa al branco e condurlo
  2. I processi avvengono in tv e sui giornali, non in aula; e noi siamo gli avvocati
  3. I media non sopportano il vuoto; devono ricevere informazioni
  4. Rispondere sempre alle accuse, con la massima velocità
  5. Prevenire le mosse ostili
  6. I fatti non parlano da soli, vanno spiegati
  7. Pensare strategicamente
  8. Ragionare come giornalisti, agire come avvocati

Per citare la sua massima più celebre:

“Se non racconti al pubblico la tua versione dei fatti, a parlare saranno i tuoi avversari, e allora ti troverai nei guai.”

Oggi però non ci sono più solo i media, oggi ci sono i social, le chat, i blog, i forum,, le riviste indipendenti.

Si parla del tuo Brand in ogni momento, un commento negativo trascurato rischia di rovinare anni di lavoro. Oggi non avere sotto controllo la propria reputazione aziendale può causare gravi danni. 

Avere una forte reputazione costituisce un prerequisito fondamentale per ridurre al minimo la pericolosità dell’evento. È necessaria una vision di ampio respiro per essere in grado di trasformare i danni di una crisi in un’opportunità di miglioramento della propria immagine.

Quando ti troverai ad affrontare una crisi dovrai spendere con parsimonia il tuo patrimonio reputazionale.

E tu monitori la reputazione del tuo brand? Sai qual è il tuo score?

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