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Influencer Marketing e Reputazione

Mi ha colpito l’interesse sollevato dal numero di maggio di Reputation Rating, dedicato al mondo degli influencers. L’argomento è senz’altro attuale ed eravamo sicuri sarebbe stato di forte interesse per molti, ma evidentemente questo fenomeno in corso ormai da diversi anni è uno di quelli che meglio cattura lo spirito del nostro tempo. Per questo motivo ho pensato di fare qui sul nostro blog un’ulteriore riflessione al riguardo.

Partiamo da uno dei più importanti influencer al mondo: Eugene.

Eugene è un uovo, e la sua foto su Instagram ha più di 53 milioni di like e 10 milioni di follower. Onestamente, la logica esatta per cui la foto di un uovo possa avere tutto questo seguito ancora sfugge anche a me, ma è innegabile che nel corso di questi anni ci siamo dimenticati che il termine “influenzabile” aveva fino a poco tempo fa un significato estremamente negativo. Se “loro” sono gli influencer, allora “noi” siamo quelli influenzabili, gente che dipende dalle opinioni di altre persone per decidere cosa comprare, vestire o ascoltare. Il principio alla base è chiaro, se vedo persone “come me” fare qualcosa, tenderò a fidarmi più di loro rispetto a persone che reputo meno simili, come ad esempio le celebrity.

Questo principio è alla base del Reputation Marketing (in particolare del nostro “funnel Testimonianze“), ma è anche evidentemente alla base della politica degli ultimi 10 anni, dove i politici di successo sono a tutti gli effetti degli influencer: persone “come noi” che condividono le proprie foto mentre mangiano e che esprimono le proprie opinioni sui social media senza troppi giri di parole. Chi non è così è “diverso” da me, poco importa se in meglio o in peggio.

Influenza e Reputazione coincidono?

Ma possiamo dire che il concetto di “influenza” e quello di Reputazione coincidono? Certamente no. Come molti di voi sanno, il concetto che più spesso accostiamo a quello di Reputazione è il concetto dell’autorevolezza. La capacità di essere influenti è senz’altro un aspetto del Reputation Marketing, ma ci sono anche alcune distinzioni importanti da fare.

Tanto per cominciare, come è anche emerso dall’ultimo Forum italiano della Reputazione, Reputazione.org, alla base della Reputazione vi è un fattore imprescindibile, che è l’autenticità. E non è forse proprio l’autenticità alla base dell’Influencer Marketing? Ovviamente no. Potremmo essere portati a pensarlo, ma in effetti cosa c’è di meno autentico di una persona che decide cosa indossa in base a quanto viene pagata per farlo? Oppure che ci racconta quanto si sia trovata bene con un prodotto solo perché ne é testimonial a nostra insaputa?

Parlando in termini economici, volendo paragonare il mercato degli influencer a quello della Reputazione, potremmo dire che il primo è forse una versione molto semplificata del secondo. Laddove infatti un’organizzazione può accumulare il proprio capitale reputazionale non senza fatica e anni di tempo, lavorando in maniera opportuna su driver e stakeholder in base al proprio specifico profilo reputazionale (che emerge ad esempio una volta effettuato il nostro Zwan Assessment), gli influencer accumulano (anche molto rapidamente) il proprio capitale in termini di “social status“: non importa come ho raggiunto il numero di persone a cui piaccio, l’importante è che questo numero continui ad aumentare.

A volte li chiamano forse impropriamente “amici”, non sappiamo se sono “seguaci” ma di certo sono clienti. 💰

Credo questo sia il più grande paradosso alla base dell’Influencer Marketing: ci dobbiamo fidare di persone “come noi” ma che ci usano per arricchirsi, che ci sembrano autentici e accessibili quando in realtà ogni parola, foto o hashtag che condividono è calcolato e finalizzato non all’esprimere la propria opinione, ma a guadagnare.

🔮 Ma se il principio è questo, c’è davvero bisogno di una persona dall’altra parte dello schermo? Non basterebbe Eugene, il nostro amico uovo?

In questi mesi ci sono stati alcuni interessanti esperimenti sulla creazione di influencer artificiali, dei feed di contenuti automatici basati su intelligenza artificiale (BOT) e veicolati da foto di modelli o avatar in computer grafica. L’unica cosa di umano che sembra sia rimasto negli influencer 2.0 è quindi l’aspetto, e non dovrebbe stupirci visto che a conti fatti cosa sono oggi per noi gli influencer 1.0 se non degli avatar?

Potrebbe sembrare una chiave di lettura pessimistica, ma non è detto che sia necessariamente così: un chatbot potrebbe proporci con maggiore efficienza contenuti adeguati ai nostri gusti, rendendo ancora più “democratica” la Rete (almeno nell’accezione che si è data negli ultimi anni a questo termine in questo contesto). Senza entrare nel merito dell’aspetto sociale, sul quale ognuno di noi può avere la propria opinione, in termini di Marketing non c’è dubbio che le organizzazioni probabilmente gioverebbero dall’avvento degli Influencer 2.0, ottenendo un servizio con un maggior grado di controllo ed efficacia.

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