fbpx

La fine della Mucca Viola?

Quali pubblicità scegliere nei prossimi anni?

La “mucca viola” è prossima a compiere i 20 anni di età. Era infatti il 2002 quando Seth Godin introdusse nel mondo del marketing un concetto umoristico e fantasioso della letteratura americana, facendone il “visual hammer” per un principio semplice e vincente. Se vuoi farti notare dal consumatore, devi distinguerti completamente dagli altri, proprio come una mucca viola, in mezzo a un paesaggio popolato da banali mucche bianche e nere. Ma allora perché parliamo addirittura della fine della “mucca viola”?

L’industria pubblicitaria si è basata lungamente sull’idea della “mucca viola”, anche prima del best-seller di Godin. Per decenni le agenzie sono entrate tra loro in competizione per creare messaggi pubblicitari sempre più audaci e sorprendenti, lasciandosi guidare dall’equazione “pubblicità più memorabile = vendite maggiori”. Marketing di successo è arrivato quasi a diventare sinonimo di marketing basato su prodotti e ads del tipo “mucca viola”. Basti pensare alla pubblicità, al momento in rotazione televisiva, di un’App per il delivery di vini, tra citazioni di Kubrick e ammiccamenti sessuali. La mucca è diventata sempre più bizzarra e rumorosa, e i business vi si sono affidati sempre di più. Finché la mucca non è invecchiata e forse, oggi, è vicina alla pensione, se non proprio all’abbattimento.

Il sistema delle pubblicità “rumorose” e creative è in crisi

Immaginiamo il caso di una catena di negozi di scarpe streetwear, che si è posta come obiettivo per il 2021 quello di vendere soprattutto Jordan a marzo, sneaker Adidas Stan Smith a maggio, Puma a settembre, sfruttando l’onda dei mondiali e delle olimpiadi estive. Il CdA si aspetterà dall’agenzia di marketing che segue la catena una campagna basata su pubblicità “mucca viola” in grado di distinguere le sue offerte a sufficienza dal far notare il suo negozio prima e più spesso rispetto ai tanti altri negozi che vendono le stesse linee di prodotti.

E il responsabile di progetto dell’agenzia cercherà di fare esattamente questo, convinto che le vendite provengano da lì. Lo ha fatto per anni e per anni ha funzionato.

Perché le mucche viola non funzioneranno?

Perché si sta sottovalutando innanzitutto un particolare non da poco: quelle stesse scarpe sono offerte da tantissimi altri negozi nelle stesse città dove la catena ha le proprie sedi e online, magari a prezzi migliori. Per non parlare dei grandi eCommerce monomarca o generalisti che offrono migliaia di risultati solo per la categoria “sneaker”. E tutte quelle realtà avranno messo su piani di marketing simili, e tutti quei rivenditori staranno pensando a pubblicità distintive per tentare di imporsi sul mercato nel 2021. Le mucche viola iniziano perciò a diventare tante, troppe, e non più interessanti di una mandria di mucche bianche e nere sui lati della Roma-L’Aquila.

A tratti, le pubblicità “mucca viola” diventano addirittura irritanti come lo Spam che riempie le nostre caselle mail. In Europa, la pubblicità copre all’incirca il 20% del totale delle trasmissioni giornaliere. Vuol dire che quasi 5 ore al giorno di TV sono occupate da annunci pubblicitari. Per non parlare poi degli annunci su YouTube, delle campagne display su Google Ads, degli annunci in Facebook Watch e nelle storie di Instagram. Insomma, sembrerebbe proprio di essere di fronte alla fine della “mucca viola”.

Imparare a comprendere il consumatore/cliente/iscritto di oggi

Il fatto che la pubblicità sia vista ormai quasi come uno Spam che consuma il tempo che dedichiamo all’intrattenimento, non è che una minima parte del problema. La criticità principale riguarda la psicologia dei consumatori. Per impressionare il consumatore di oggi non basta più un annuncio spiritoso o provocatorio perché, in fondo, dietro la maschera della trovata brillante e arguta, il tuo annuncio afferma sempre la stessa cosa “Vendo il meglio. Compralo ora!”. E il consumatore lo sa ormai molto bene.

Ma le persone oggi sembrano stanche di sentirsi dire cosa fare, hanno bisogno sempre di coinvolgimento, di essere protagoniste in qualche misura delle loro decisioni. La loro fiducia nasce da altro: dalla prontezza che si dimostra nel rispondere a stimoli, commenti e recensioni online, dai risultati organici su Google, dall’advocacy di amici e dalle esperienze personali.

Quale pubblicità preferire oggi? Un confronto esemplare dal SuperBowl

Quando si parla di pubblicità, il SuperBowl fa sempre scuola. Ogni anno vengono spesi milioni per accaparrarsi il miglior spazio pubblicitario nell’intervallo e sfruttarlo al meglio con una pubblicità che faccia scalpore e notizia. Il SuperBowl è la Scala delle pubblicità “mucca viola”.  Uno studio di AdAge e Communicus ha però dimostrato che negli ultimi anni l’80% delle pubblicità trasmesse durante il SuperBowl non ha aiutato le vendite.

Il fail pubblicitario di Hyundai

È, ad esempio, quello che è successo a Hyundai nel 2016, quando la casa motoristica giapponese investì su ben tre spazi pubblicitari per promuovere i modelli Elantra e Genesis. Le pubblicità create sono sicuramente da considerare delle mucche viola, avendo poi generato oltre 50 mln di visualizzazioni su YouTube ed essendo tutte e tre nella Top 10 delle pubblicità da SuperBowl più viste di tutti i tempi. Risultato commerciale? Le vendite di Hyundai nel 2016 aumentarono solo dello 0,83%, oltretutto grazie a un modello che non era stato coinvolto dalla campagna. Un fiasco totale.

Il successone della campagna non-campagna per la nuova Volvo XC60

Vediamo ora un caso di successo dello stesso decennio e dello stesso settore. Nel 2015, infatti, Volvo riuscì efficacemente a promuovere il suo nuovo modello XC60 durante il SuperBowl, senza comprare nemmeno uno spazio televisivo. Come è possibile? Invece di spendere milioni sulla creazione e trasmissione di media, gli svedesi hanno semplicemente messo in palio un’automobile durante la partita più importante dell’anno. Per avere una chance di vincerla, i telespettatori non dovevano far altro che pubblicare un tweet con l’hashtag #VolvoContest a ogni annuncio pubblicitario trasmesso da un’altra compagnia automobilistica.

Con questa mossa geniale, Volvo ha trasformato i soldi spesi dalla concorrenza per mega-ads televisive in pubblicità per il proprio brand, senza ingolfare ulteriormente la testa del consumatore con altri annunci e, soprattutto, coinvolgendolo attivamente. Risultato? 114.000 menzioni su Twitter, impressioni organiche del valore di 200 milioni di dollari e un incremento di vendite nei mesi successivi del 26% per il modello XC60.

Il morale della favola è semplice. Se cerchi successo e vendite, in questo momento, è meglio non contare troppo sulle pubblicità alla vecchia maniera, per quanto possano essere creative e brillanti. Se invece hai un’idea per creare una nuova esperienza per il consumatore e coinvolgerlo come testimonial attivo, allora è un altro paio di maniche.

Le nuove “Mucche Viola” passano dall’esperienza dei tuoi clienti e iscritti potenziali

Se è arrivata la fine della “mucca viola”, cosa poter scegliere oggi? Non importa quanto tu sia emozionato e entusiasta del poster o dallo spot per la nuova campagna per promuovere il tuo brand. Alle persone non interesserà mai quanto interessa a te, a meno che la tua organizzazione non impari a coinvolgere i clienti e gli iscritti potenziali. Non c’è bisogno di altre storie fittizie attorno al brand, per quanto possano essere ben costruite. Il mercato è saturo e c’è bisogno di qualcosa che sfondi la quarta parete e trovi un posto nella vita delle persone a cui ti rivolgi. La chiave per conquistare il mercato non è parlare – qualcosa che finisce inevitabilmente per essere autoreferenziale – ma dare al tuo target un motivo per parlare di te.

Il nuovo modello “pull” di Philip Kotler

Philip Kotler, in una recente intervista, ha descritto così quello che a suo avviso è il più comune e il più grande errore del marketing odierno:

“Molte aziende vedono ancora oggi il marketing come una disciplina ‘push’, a spinta. Forse dovremmo provare un po’ di ‘pull’. Forse dovremmo smetterla di interrompere le persone con storie di cui non gli importa nulla e provare a creare storie alle quali vogliono partecipare”.

Il nuovo modello promozionale non può passare esclusivamente da “mucche viola” di creatività, spinte con i media a pagamento. Questo perché oggi siamo noi i media. Comunichiamo tra di noi continuamente, nonostante e anzi ancora più intensamente nel contesto pandemico, descrivendo tutto quello che è attorno a noi. Se i brand e le organizzazioni smettessero di “parlare ad alta voce” e trovassero un modo di calarsi organicamente nelle nostre esperienze quotidiane, nuovi entusiasmanti risultati non tarderebbero ad arrivare. E a costi contenuti.

Scroll to Top

Vuoi vivere la Reputation Review Experience?

Compila il form verrai ricontattato al più presto

Hai bisogno di informazioni riguardo Z-Accelerator?

Compila il form verrai ricontattato al più presto

Hai bisogno di supporto?

Compila il form verrai ricontattato al più presto