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L’importanza della comunicazione sulle tematiche ESG, greenwashing e la normativa europea

L’attenzione delle aziende verso la sostenibilità e le tematiche ad essa collegate sta crescendo in maniera esponenziale. Questa tendenza è alimentata da vari fattori, tra cui una maggiore consapevolezza dell’impatto ambientale delle attività umane, l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico e, non di meno, l’introduzione di nuove normative europee che mirano a regolare e promuovere la trasparenza nelle pratiche commerciali. Anche l’interesse dei consumatori per le questioni legate alla sostenibilità è in costante crescita. Sempre più persone sono consapevoli dell’impatto ambientale dei prodotti che acquistano e delle aziende da cui provengono e cercano attivamente marchi e prodotti che dimostrino un vero impegno verso la sostenibilità e la responsabilità sociale.

In questo contesto di crescente attenzione e regolamentazione sta emergendo però un nuovo fenomeno contrapposto a quello del greenwashing che solleva nuovi interrogativi sulla trasparenza delle aziende, il cosiddetto “greenhushing.

Nuove tutele per i consumatori contro il greenwashing

Secondo quanto emerso da un’indagine della Commissione Europea del 2020 nei paesi dell’UE circa il 53% delle dichiarazioni ambientali contiene informazioni vaghe, infondate o utilizza pratiche commerciali ingannevoli riguardo alle caratteristiche ecologiche dei prodotti, e ben il 40% di queste affermazioni non è supportato da dati verificabili. In risposta a tale fenomeno, a gennaio 2024, il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva una nuova direttiva (la cosiddetta “Direttiva Greenwashing”) proprio per migliorare l’etichettatura e la durabilità dei prodotti e porre fine alle dichiarazioni ingannevoli, oltre ad aiutare i consumatori a fare scelte rispettose dell’ambiente e incoraggiare le aziende a offrire loro prodotti più durevoli e sostenibili.

Greenhushing: il possibile effetto negativo della normativa

Se da un lato però queste normative sono utili per impedire ad alcune aziende pratiche scorrette sulla sostenibilità, dall’altro possono anche scoraggiare le imprese che adottano pratiche virtuose in favore di uno sviluppo più sostenibile dal condividere apertamente le loro iniziative e obiettivi per combattere il cambiamento climatico. Se prima le aziende comunicavano in modo eccessivo, spesso errato o fuorviante, oggi infatti il problema sembra possa diventare l’opposto. Ecco perché si parla greenhushing, che indica il silenzio o la mancanza di divulgazione da parte delle aziende riguardo agli impatti ambientali delle loro attività.

Appare sempre più frequente che molte aziende attente alla sostenibilità stanno deliberatamente nascondendo i propri obiettivi climatici, in contrasto con la precedente tendenza di fare promesse audaci sul cambiamento climatico. Secondo alcuni studi le aziende attente al clima ma più propense al greenhushing sono quelle dei settori della moda, dei beni di consumo, della tecnologia, del petrolio e dei servizi ambientali. Le aziende di beni di consumo, come quelle alimentari, praticano misure di greenhushing nell’86% dei casi. Il maggiore controllo da parte di investitori, clienti e media, come pure il cambiamento normativo sono tra le principali motivazioni che si celano dietro questo fenomeno per non comunicare i propri impegni climatici.

In conclusione…

Una comunicazione precisa e trasparente è fondamentale per permettere ai consumatori di fare scelte informate e favorire un’economia più sostenibile a lungo termine. Le aziende che si impegnano seriamente a migliorare la sostenibilità ambientale dei loro prodotti beneficeranno di queste nuove norme e saranno più facilmente riconosciute e apprezzate dai consumatori, il che potrebbe tradursi in un aumento delle vendite anziché dover competere in modo sleale. È fondamentale quindi che più aziende aumentino la propria ambizione climatica collaborando con la catena di fornitura, educando gli stakeholder e condividendo iniziative e strategie, che possono portare a un continuo miglioramento dei settori di riferimento.

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