fbpx
Italia del calcio in crisi reputazionale? Dove il Made in Italy tiene botta

Italia del calcio in crisi reputazionale? Dove il Made in Italy tiene botta

Ci eravamo lasciati poco più di un mese fa commentando le operazioni di calciomercato saudite e i risvolti reputazionali delle notizie che rimbalzavano sulle diverse testate sportive. Ed ecco che, ad agosto, una nuova bomba partita dalla penisola arabica è stata sganciata sul calcio italiano. Roberto Mancini non è più il CT della Nazionale Italiana di Calcio ed è ora il selezionatore della Nazionale Saudita.

Al di là di screzi e possibili dissapori con i vertici federali, si stenta a credere che il nostro ex CT – pur benemerito per la vittoria degli Europei che mancava dal 1968 – non sia stato convinto dall’offerta di un quadriennale da 25 milioni euro + bonus all’anno (la FIGC gli aveva accordato un rinnovo da 3 milioni di euro all’anno, due anni fa).

La provincializzazione dell’Italia calcistica

Almeno da un punto di vista economico, nel nostro sport nazionale, siamo ormai diventati una provinciale. Convincono poco anche le parole del presidente Gravina che, in occasione della presentazione del nuovo CT Spalletti, ha sottolineato la centralità della maglia azzurra e la sua importanza nel mondo, sottolineata anche dalla presenza del Chief of Football UEFA, Zvonimir Boban, alla conferenza.

La Serie A ha speso 854,5 milioni di euro nell’ultima finestra di mercato, la Premier League tre volte e mezzo tanto. Anche Saudi Pro League e Ligue 1, dove a spendere e ad attrezzarsi sono solo una manciata di squadre, hanno speso di più. Certo, bisogna rivendicare con orgoglio la maggiore sensibilità verso la sostenibilità economica che si sta sviluppando tra i club italiani, e che ha portato comunque a tre finali europee lo scorso anno, ma è impossibile non ammettere la crisi in corso.

La perdita del nostro CT per una nazionale del Vicino Oriente al momento al 54esimo posto nel Ranking FIFA è stato il definitivo strappo nel cielo di carta. Lo smacco reputazionale è davanti agli occhi di tutti e bisognerà lavorare con Luciano Spalletti – il cui merito è aver comunque ridato entusiasmo all’ambiente – e gli altri selezionatori per ripararlo. Obiettivo: USA, Canada e Messico 2026.

Quanto vale il Made in Italy nel calcio?

Al di là del campo, del mercato e della cronaca sportiva, il Made in Italy ha ancora un valore nel mondo del pallone? Certo che sì! Tutto il mondo continua a guardare all’Italia come punto di riferimento per il nostro stile di vita legato al calcio.

Il nostro capitale reputazionale in ambito calcistico è particolarmente ricco in ambiti come le attrezzature tecniche, lo sportswear e il giornalismo sportivo. I trofei più famosi del mondo (Coppa del Mondo, Champions League, Europa League, e tanti altri) vengono tutt’ora prodotti dalla GDE Bertoni di Paderno Dugnano (MI). Esistono aziende, sul nostro territorio nazionale, come la Italgreen, che da 40 anni crea innovazione nel settore dei manti erbosi artificiali e realizza grandi lavori per stadi all’estero (Turchia, Brasile, Portogallo, Spagna, Kazakistan, ecc.).

C’è poi l’universo delle sponsorizzazioni tecniche, nel quale, se si va oltre le tre major multinazionali (Nike, Adidas, Puma) che pure spesso attingono a piene mani dal comparto fashion italiano, tante realtà italiane si stanno ben distinguendo: c’è Macron ad esempio che, oltre a fornire kit ufficiali per Bologna e Udinese in A, ha chiuso accordi con tantissimi club storici in Francia, Olanda, Belgio, Inghilterra e Croazia e con la UEFA per le forniture degli arbitri, accordo strappato ad Adidas; la storica Kappa che, oltre a figurare in A con Fiorentina e Genoa, ha deciso di puntare sul fascino dei Kaizer Chiefs, squadra più titolata del Sudafrica. Ci sono poi player emergenti come Acerbis di Albino (BG) e Eye Sport di Quartu Sant’Elena (CA), recentemente arrivati a fornire kit per squadre in A e pronti a fare il salto anche all’estero.

Sul fronte del giornalismo italiano, basterà nominare Fabrizio Romano, la voce più autorevole e influente nel suo settore, seguito su Twitter da 18,7 Mln di utenti e su Instagram da 24,3 Mln, proprio grazie alla sua reputazione di infallibilità nelle notizie in anteprima.

La sfida dei prossimi anni sarà quella di non sperperare tale capitale reputazionale e, anzi, alimentarlo ancora, procedendo nella direzione della sempre più richiesta “restaurazione impiantistica” con gli stadi di proprietà. Arrivare a tale risultato permetterà finalmente al nostro calcio di tornare a monetizzare la sua reputazione e a reinvestirla in crescita e settori giovanili. Per un autentico nuovo Rinascimento calcistico.

Scroll to Top

Vuoi vivere la Reputation Review Experience?

Compila il form verrai ricontattato al più presto

Hai bisogno di informazioni riguardo Z-Accelerator?

Compila il form verrai ricontattato al più presto

Hai bisogno di supporto?

Compila il form verrai ricontattato al più presto