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La reputazione attraverso i colori del merito: sei requisiti distintivi

La reputazione nei colori del merito: 6 requisiti distintivi

Il capitale della nostra epoca è un processo di costruzione a più fasi. Da mero giudizio soggettivo, la reputazione si stacca dalla sfera privata ed estende il suo valore anche alle realtà organizzative; ma non solo.

La reputazione è oggi un vero metro di prosperità per manager, imprese e Stati; una misura di ranking sul piano individuale, collettivo e internazionale. Per sviluppare la reputazione è necessario, pertanto, avviare un percorso di crescita multi-soluzione, atto alla promozione sincera e spontanea di valori di riconoscimento essenziali per la maturazione dei sentimenti di stima, fiducia e considerazione all’interno delle relazioni interpersonali, imprese e aziende.

Nella lista dei requisiti reputazionali spicca il merito inteso come diritto alla riconoscenza, alla lode o al premio in virtù dei personali valori, competenze e prestazioni: si tratta di un vero disegno di riconoscimento” che accresce e custodisce l’identificazione individuale e la ripresa nazionale.

La cultura del merito per la reputazione individuale, collettiva e statale: un concetto complesso

Me lo sono meritato”, “è una persona meritevole“, “meriti il meglio“: sono solo alcune delle espressioni più comuni nel quotidiano con riferimento al riconoscimento del merito; ma che cos’è il merito? Nonostante la sua alta frequenza d’uso nel tessuto sociale, commerciale ed economico di un Paese, il termine cela una complessità semantica considerevole.

L’articolata semiosi del concetto di merito è strettamente interconnessa ai referenti che il segno rappresenta. I soggetti meritevoli – le persone, le aziende e gli Stati – sono realtà articolate difficili da definire attraverso semplici etichette linguistiche. La loro autenticità dipende da dinamiche complesse di riconoscimento relative ai valori d’identità e d’immagine.

Dalla prospettiva della complessità come qualifica prima del nostro Millennio, la concezione di merito non è così semplice come potrebbe sembrare di primo acchito. Oltrepassando la superficie dell’uso si scava la profondità del merito, quale timbro sociale di effettiva riconoscenza reputazionale.

Che cos’è il merito? La definizione degli esperti nel convegno di Reputation Review n°30

Dall’individuo alla nazione, il merito può essere definito come vero motore reputazionale; il meccanismo che accende il riconoscimento necessario per costruire un’identità e un’immagine solida e socialmente condivisa. Il merito è dunque uno scrigno multi-valore derivato dall’individuazione collettiva di qualità e multi-competenze.

Tale definizione trova conferma nelle dichiarazioni dell’ex Presidente del Consiglio Lamberto Dini. Nel suo prezioso contributo all’evento di presentazione del trentesimo numero di Reputation Review, il politico italiano ha sottolineato la necessità di un nuovo umanesimo del merito come lancio collettivo verso la ripresa nazionale: il merito è un valore che si costruisce nel tempo attraverso l’individuazione di una plurarità di competenze.

Non solo tecniche” – ha evidenziato in sala Valter Quercioli, presidenze Federmanager e 4.Manager – “ma soprattutto filo-umanistiche unite ad altre abilità strategico-politiche“. Sono tanti i colori del merito; una tavolozza ricca di valori, qualità e requisiti vitali per la maturazione e il supporto della reputazione di persone, aziende e paesi.

Nel quadro dell’Italia trasformata il merito diventa pennello reputazionale che incornicia il riconoscimento di competenze umane e interpersonali. Nel talk moderato dal giornalista e vicedirettore del TG La7 Andrea Pancani è emersa una definizione completa ed esauriente del termine, grazie anche all’intervento dei fondatori Zwan e Reputation Review Joe Casini e Davide Ippolito.

Focalizzando il concetto in ambito aziendale, il merito è la finestra della corporate reputation: il riconoscimento di impegno, qualità e competenze, in particolare abilità personali – leadership situazionale, flessibilità e inventiva – e interpersonali – attrazione e maturazione di talenti, clienti e stakeholder; ma come si costruisce il merito?

Reputation Review n°30: i 6 tips del merito

All’interno di una realtà organizzativa, il merito nasce dall’incentivo di determinate qualità aziendali relative alla sostenibilità sociale, economica e di governance – i criteri di ESG – unite a una spiccata sensibilità con riferimento ai bisogni ed esigenze delle risorse umane, insieme a una forte capacità adattiva ai mutamenti socio-economici in atto.

A seguire i 6 elementi del merito riportati nella trentesima edizione di Reputation Review, ancora disponibile sul nostro Zwan Store:

SOTTOVALUTARE IL WORK-LIFE BALANCE
Quanto è importante il parametro del work-life balance? Lo è oggi più che mai! La crisi pandemica ha accelerato un processo di cambiamento epocale nel lavoro, e lo smartworking ne è una delle conseguenze più tangibili. Una formula ibrida che permette di eseguire la prestazione anche da casa, facilitando il dipendente nel coniugare la sua attività professionale con quella personale. Molte realtà aziendali, però, ancora non contemplano il lavoro da remoto, che considerano, erroneamente, non al pari di quello in presenza.
Concedere o accordare delle giornate in smart working significa dare più flessibilità ai propri collaboratori, sapersi adeguare ai tempi che cambianoe, cosa più importante, dare il giusto valore alla professionalità che non cambia di certo rispetto al luogo fisico in cui è svolta.

ETICA PROFESSIONALE NON CONDIVISA
Altro grande errore che non valorizza il merito nel lavoro è la scarsa condivisione dell’etica professionale. In questo caso non si tratta soltanto di buone maniere, ma soprattutto di rispetto dei valori aziendali e di saper lavorare bene, sia come singolo sia in team. Il dirigente deve essere il primo a dare il buon esempio, altrimenti difficilmente i suoi collaboratori rispetteranno il codice etico dell’azienda. Un manager, quindi, deve sapersi meritare nel tempo la fiducia di chi lavora con e per lui!

COMUNICAZIONE SCARSA E INDIRETTA
La scarsa comunicazione, soprattutto quella intermediata, crea seri problemi in una azienda. Rare volte un dipendente riesce a parlare direttamente con i vertici, ricorrendo, invece, a figure gerarchiche intermedie. Questo ulteriore passaggio non solo risulta superfluo, ma fa aumentare ancora di più le distanze tra il manager e il dipendente, che in qualche modo non si meriterebbe di interloquire direttamente
con i vertici. Parliamo di comunicazioni di tipo funzionale o di critiche che potrebbero apportare un grande contributo a una determinata realtà lavorativa.

NON CONTEMPLARE LA FLESSIBILITÀ DI ORARI
Lavorare 8 ore al giorno non sempre è un bene; il tradizionale orario di lavoro 9/18 sembrerebbe ormai superato. Oggi la flessibilità
è determinante: meglio lavorare meno, ma con la giusta concentrazione e con una buona dose di entusiasmo. Questo non significa
che nel tempo che resta non si debba fare nulla, ma è bene fare tutto nel modo più proficuo possibile. Tanti sono i lavori che richiedono
creatività e non sempre l’ispirazione arriva nel momento in cui la ricerchiamo! È un fattore del tutto personale, perciò sarebbe buona
prassi lasciare uno spazio d’azione individuale per ottimizzare al meglio le capacità del lavoratore. Il merito non sta nel tempo impiegato ma nel raggiungimento ottimale degli obiettivi.

MANCANZA DI INCENTIVI
Che sia un lavoro di squadra o individuale, quando si raggiunge un obiettivo bisogna dargli il valore che merita! Una parola per congratularsi, un premio, un avanzamento di carriera, oppure la possibilità di partecipare a un master o corso di aggiornamento professionale rappresentano il modo giusto di incentivare i collaboratori a sviluppare un senso di appartenenza aziendale
e quindi a fare sempre meglio. Un valido professionista si riconosce soprattutto nel lungo termine e non nella competenza dimostrata
per un singolo progetto su uno specifico obiettivo.

LA CULTURA DELLA COLPA
È sempre più frequente la ricerca del “colpevole” nelle dinamiche aziendali. Appena si registra qualcosa che non funziona nella catena
di comando si va immediatamente alla ricerca del responsabile del problema e, talvolta, con conseguente punizione. Questo meccanismo innesca uno scaricabarile spesso sulle figure più deboli della scala gerarchica, generando una deresponsabilizzazione
dei processi produttivi e delle proprie funzioni. È buona prassi, invece, capire il problema per trovare la soluzione più efficace e rapida.

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