fbpx
Un’organizzazione deve allinearsi alle percezioni che gli stakeholder hanno di essa e della situazione di crisi, anziché il contrario.

Realtà e percezioni nelle crisi

Un insegnamento che condivido durante le sessioni di formazione sul crisis management, e che applico anche nella consulenza, è che sia l’organizzazione a doversi allineare alle percezioni che gli stakeholder hanno di essa e della situazione di crisi, anziché il contrario.

Ad esempio, immaginiamo che si diffonda una notizia non veritiera, magari generata per scherzo da un utente online. Potrebbe essere la falsa ipotesi della chiusura di uno stabilimento, con il conseguente timore di una riorganizzazione aziendale; oppure una nube di fumo fotografata da lontano, attribuita senza intenti maliziosi a un impianto chimico nelle vicinanze.

In tali situazioni, l’organizzazione e le persone coinvolte possono faticare a dare peso a una rappresentazione della realtà che sanno con certezza essere falsa, errata o incompleta. Tuttavia, ciò che è percepito come reale viene vissuto esattamente come tale da coloro che ci credono, producendo talvolta conseguenze tangibili. E, quindi, la distinzione tra realtà e percezione viene meno.

Nel 2019 intervistai diverse persone impiegate nell’Ufficio Stampa del Comune di Genova. A seguito del crollo del ponte Morandi si accorsero che, in particolare all’estero, si stava cristallizzando la percezione di Genova come un’isola, collegata alla terraferma da un ponte che non c’era più. Una percezione che arrecava evidenti danni a tutta l’economia e alle imprese del territorio.

In un primo momento il sistema di gestione di crisi di un’organizzazione deve attivarsi come se le percezioni fossero realtà, con la comunicazione che svolge un ruolo fondamentale. Se la gestione di crisi governa la realtà, la comunicazione di crisi deve governare le percezioni. Esse saranno molteplici, in particolare negli ambienti digitali, e non tutte assumeranno un’importanza tale da rendere necessaria una risposta. Esistono dei parametri, come la viralità dei contenuti online, e delle capacità che, affinate tramite l’esperienza e la conoscenza dei contesti, permettono di comprendere e stimare la gravità delle percezioni in circolazione. Ma, in generale, la macchina dovrà attivarsi per proteggere la licenza ad operare dell’organizzazione (nel suo mercato, nel suo contesto e presso i suoi pubblici), trattando la situazione con la stessa serietà che adotterebbe se le percezioni fossero fondate. Sotto il profilo della comunicazione, dovrà rispondere alle emozioni e alle aspettative realmente generate.

La verità effettiva di una situazione sarà invece rilevante in sede di risposta. Pertanto, dopo aver identificato gli stakeholder e le audience con le quali comunicare, e aver stabilito con loro una connessione relazionale, l’organizzazione potrà procedere all’introduzione dei cosiddetti facts and figures, cioè le prove.

La scorsa volta, qui su Zoom, ho raccontato del ruolo del silenzio nella comunicazione di crisi partendo dal sound design e ti ho proposto un esercizio. Oggi vorrei raccontarti un aneddoto personale che mi ha fatto ragionare sul rapporto tra realtà e percezione prima ancora che mi occupassi di crisis management. Non è una storia triste, è un ricordo a cui penso con affetto.

Mio nonno paterno soffriva di demenza senile. Dopo una prima fase, in cui alternava momenti di lucidità ad altri di smarrimento, in età già avanzata, passò totalmente ad un’altra dimensione temporale. Penso che vivesse le sue giornate convinto di avere circa 50 anni, un periodo della sua vita in cui lavorava attivamente e non aveva nipoti. Le nostre case non erano distanti e ogni pomeriggio aveva l’abitudine di passare per un saluto. Aveva lavorato tutta la sua vita nel settore cinematografico. Mi citava alcuni film che aveva visto in anteprima, in realtà usciti da più di 30 anni; consigliandomi quelli da vedere “in settimana” e, all’epoca, vedendomi come una giovane che non riconosceva come nipote, mi chiedeva se cercassi lavoro come cassiera in qualche cinema.

Durante quelle conversazioni, che avevano un ché di assurdo, avrei potuto cercare di imporre la mia verità: eravamo nel secondo decennio degli anni 2000; io ero sua nipote e L’attimo fuggente di Peter Weir era ormai considerato un classico. Ma imparai presto a non farlo. Cosa avrei ottenuto d’altronde? E cos’era, per me, importante proteggere? Quest’ultima è una delle domande fondamentali da porsi quando si gestisce una crisi.

Se avessi fatto così, pretendendo che fosse lui ad allinearsi alla mia realtà, avrei provocato sofferenza – sfido chiunque a credere che oggi non siamo nel 2024 – forse la rottura di un legame e il rischio di interrompere quel rituale. Quello che stavo proteggendo era la continuità del rapporto e il valore di quelle brevi conversazioni pomeridiane.

Una sola volta siamo arrivati a creare una situazione in cui mi sono fidata a rivelargli che ero sua nipote. È stato surreale. L’ho fatto senza spiegargli il contesto, l’anno e i motivi per cui non se lo ricordasse. Si è emozionato e mi ha detto “sono davvero contento di conoscerti finalmente”.

A volte, quindi, allineandoci alle percezioni altrui, possiamo comunicare efficacemente e tutelare quello che per noi è importante, anche in situazioni un po’ caotiche e difficili.

Ti è mai capitato di dover comunicare con delle persone che avevano delle percezioni molto distanti o in contraddizione con la tua realtà? Come hai fatto e cosa hai imparato?

Se ti va, fammelo sapere! Io sono Irene e aiuto le organizzazioni a prepararsi e gestire eventi critici. Mi puoi trovare su LinkedIn e IG (@crisis_with_irene).

Scroll to Top

Vuoi vivere la Reputation Review Experience?

Compila il form verrai ricontattato al più presto

Hai bisogno di informazioni riguardo Z-Accelerator?

Compila il form verrai ricontattato al più presto

Hai bisogno di supporto?

Compila il form verrai ricontattato al più presto