Le scorse volte qui su Zoom, ti ho raccontato del rapporto che lega realtà e percezione nelle crisi, e del ruolo del silenzio nella comunicazione di crisi. Oggi vorrei raccontarti del più grande incidente ferroviario del nostro Paese. Si chiama la strage di Viareggio, ed oggi se ne ricorda il quindicesimo anniversario.
I fatti[1]
Erano le 23.48 del 29 giugno 2009 quando un treno merci che trasportava GPL sulla tratta da Trecate a Gricignano-Teverola deragliò nella stazione ferroviaria di Viareggio. Qualche frazione di secondo ed è scoppiato l’inferno.
Nella strage di Viareggio sono morte 33 persone[2], tra chi lavorava e si trovava in stazione e chi nelle vicinanze, tra cui anche due bambini e una bambina che dormivano a casa loro, nei palazzi vicini. Ne sono state ferite più di un centinaio.
Chiamata del macchinista (AdC) Andrea D’Alessandro al dirigente movimento della stazione di Viareggio (DM)
Il treno merci 50325 era composto da una locomotiva elettrica e 14 carri cisterna che trasportavano 631.850 kg di GPL. Poco prima del deragliamento viaggiava a 90km/h, rispettando i limiti di velocità. Secondo il report del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) il deragliamento è stato innescato dal cedimento strutturale dell’assile – una parte del carrello dei treni, per intenderci – che quando si è rotto, ha fatto uscire il treno fuori dai binari. Il carrello della prima cisterna ha urtato violentemente contro il marciapiede della stazione creando una scia di scintille e a catena si sono ribaltate le tre successive cisterne.
All’impatto con il suolo la prima cisterna ha urtato contro diversi elementi in acciaio, in particolare un picchetto di regolazione, che l’hanno tagliata, provocato uno squarcio di circa 35-40 cm da cui è fuoriuscito il GPL. Si è sentito un boato e si è generato un incendio esplosivo – chiamato flash fire – che ha avvolto la stazione, le strade e le case, raggiungendo palazzi fino a 300 metri di distanza dalla ferrovia. L’incendio è durato praticamente tutta la notte e l’intervento dei Vigili del Fuoco, arrivati in 10 minuti, ha permesso di contenerne la portata.
La relazione del MIT evidenzia che l’assile ceduto risaliva agli anni ’70. La documentazione della manutenzione invece parte solo dal 2002 (un buco di 32 anni). Gli investigatori hanno accertato che il metallo si era fratturato a causa della corrosione. Tuttavia, un anno prima dell’incidente, nel 2008, durante una manutenzione ordinaria da protocollo, la crepa nell’assile non era stata identificata. Come si vede nell’estratto di relazione riportato in figura[1] lo strato finale di vernice, cioè la verniciatura che si applica normalmente alla fine della manutenzione, risulta essere applicato in zone interessate da notevole stato corrosivo senza alcuna preventiva azione di asportazione dell’ossido. Per dirla in modo facile, hanno verniciato sopra le parti corrose.
Spunti di riflessione
Sono passati 15 anni dalla strage di Viareggio. Due anni fa, quando scrissi questo pezzo a cui sto rimettendo mano oggi, navigavo online per vedere come se ne parlava, com’era stata organizzata la commemorazione e la prima cosa su cui ho riflettuto è proprio il nome che è stato dato a questa crisi: la strage di Viareggio. Non è il deragliamento del treno a Viareggio, né viene chiamata con il nome della causa (pensiamo al naufragio della Costa Concordia, il crollo del ponte Morandi, l’attentato alle Torri Gemelle…). Questa crisi è rimasta denominata la strage di Viareggio penso per il legame veramente profondo che ha avuto ed ha tuttora con il territorio al di là dell’evento in sé. È una città intera che ha sofferto e aspettato risposte per un tempo troppo lungo e il nome mi sembra davvero appropriato.
Ci sono tantissimi spunti di riflessione che si possono trarre da questo caso. Ne accennerò alcuni, per poi ragionare su quello a cui torna ogni volta la mia testa, e il mio cuore: il potere del ricordo.
Uno degli argomenti attualissimi di questa crisi è il tema della sicurezza sul lavoro. Gli incidenti sul lavoro non sono esattamente un cigno nero, ma qualcosa di estremamente evidente[1] su cui si può agire a priori su più fronti: sia intervenendo e investendo in prevenzione e sicurezza, ma soprattutto in cultura, per ridurre i rischi che questi eventi accadano, sia per prepararsi, qualora purtroppo si verificassero, come organizzazioni coinvolte, per offrire un’assistenza dignitosa alle persone colpite.
Connesso abbiamo il tema delle crisi nel settore dei trasporti. Se ci pensiamo dagli anni 2000 alcune delle più grandi crisi in Italia hanno riguardato proprio questo mondo: il disastro aereo di Linate (8 ottobre 2001), la strage di Viareggio (29 giugno 2009), il naufragio della Costa Concordia (13 gennaio 2012) e il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018). All’origine di alcuni di questi casi, ma in modo non esclusivo, c’è una – passatemi il termine – “cattiva” manutenzione, come per la strage di Viareggio. Ma in realtà qui si apre un mondo. Essa è dovuta a mancanza di cultura all’interno dell’organizzazione, a demotivazione o pigrizia, a turni di lavoro eccessivamente stancanti, a pressioni dall’alto volte ad economizzare e distribuire dividendi, a tutti questi fattori e molti altri che agiscono a livello sistemico? Quanto è diffusa la sensibilità alle crisi oggi nel settore dei trasporti? Come diffonderla maggiormente? Si riesce a imparare dalle crisi passate? Se penso alla strage di Brandizzo del novembre 2023, purtroppo mi viene da pensare di no.
La strage di Viareggio ci porta anche a riflettere sulla durata dei processi relativi alle crisi. Cosa succede nei casi come Viareggio, in cui le responsabilità a livello giuridico, o la verità processuale, impiegano anni ed anni ad essere stabilite? Chi si occupa nel frattempo di assistere le persone coinvolte? Quanto e come questo influenza anche il modo in cui viene vissuto il dolore per le persone coinvolte; la nascita e forza dei comitati che emergono a seguito di queste tragedie; e la capacità di costruire collettivamente un senso rispetto a quanto è accaduto? La Corte di Cassazione ha confermato tutte le condanne, anche quelle dei manager che all’epoca erano al vertice delle società di Stato, solamente a gennaio 2024[2].
Il potere del ricordo
Di tutte le crisi richiamate fin qui, in un modo o nell’altro, vengono celebrati gli anniversari. A cosa “serve”?
Ovviamente non c’è una sola risposta e forse la domanda è pure sbagliata. Ma nel ricordo c’è un super potere, soprattutto quando questo ricordo emerge dalla condivisione delle vite di ciascuno.
Non ci siamo fermati davanti ad un dolore immenso. Volevamo e vogliamo, nonostante tutto, che ciò che è successo in quella notte non accada mai più, in nessuna altra parte del nostro meraviglioso Paese. Il nostro continuo impegno rende giustizia ai nostri cari, ma, soprattutto, ha lo scopo di sensibilizzare le persone su quanto sia importante la sicurezza nei mezzi di trasporto, soprattutto nel settore ferroviario.
– Il mondo che vorrei, associazione familiari vittime della strage di Viareggio[3]
È condividendo la propria biografia (intesa come le proprie esperienze, percezioni e sensazioni) che si può generare un senso collettivo, che non deve corrispondere ad una verità o esperienza unica, ma deve tenere conto delle sfaccettature individuali. Ogni persona, infatti, ha un proprio modo di vivere il trauma, il lutto, il dolore. E quando questa condivisione della biografia si diffonde al di là del perimetro delle persone coinvolte, come avviene nei casi delle commemorazioni annuali, si può avere un impatto, trasformando la memoria pubblica e collettiva rispetto ad una situazione. Mettendo in gioco se stessə si può generare apprendimento sul sistema di riferimento, andando a modificare le esperienze, le percezioni e le sensazioni degli altrə rispetto all’evento.
Il ricordo delle tragedie, soprattutto quando è veicolato dai comitati che hanno deciso di prendersi un impegno, o degli impegni, anche per dare un senso a quanto accaduto proiettandosi oltre, è potentissimo. E nel ricordare annualmente un tassello importantissimo della loro e nostra storia collettiva permettono di generare ridondanza, in modo che questa condivisione ricchissima non si disperda, ma semini apprendimento collettivo.
È qualcosa di estremamente commovente e potente. Il ricordo non è per niente nel passato e il tempo non è più lineare. Incide sul futuro se condiviso e si moltiplica. E questo è il suo super potere.
Ti è mai capitato di pensare al ricordo in questi termini? Se ti va, fammelo sapere! Io sono Irene e aiuto le organizzazioni a prepararsi e gestire eventi critici. Mi puoi trovare su LinkedIn e IG (@crisis_with_irene).
[1] Ricostruzione dei fatti: https://www.geopop.it/video/la-ricostruzione-3d-dellincidente-ferroviario-di-viareggio-del-29-giugno-2009/.
[2] Alcune fonti riportano 32 persone decedute perché la 33esima non è stata inserita nella lista. Si tratta di un uomo deceduto probabilmente a causa di un infarto causato dallo shock.
[3] La relazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Direzione Generale per le Investigazioni Ferroviarie, Relazione Tecnica predisposta dalla Commissione Ministeriale d’indagine sull’incidente di Viareggio del 29-06-2009: https://static.geopop.it/wp-content/uploads/sites/32/2022/06/Relazione_finale_incidente_ferroviario__reggio_29_6_2009.pdf.
[4] Il bollettino italiano sulle persone che muoiono sul lavoro è vergognoso. Se ne è recentemente parlato per il caso che ha coinvolto Satnam Singh, un bracciante agricolo, di origini indiane che è stato abbandonato dal suo datore di lavoro davanti casa dopo aver perso un braccio, senza ricevere soccorso. Purtroppo non ce l’ha fatta. (Per approfondimenti: https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2024/06/24/satnam-singh-morte-bracciante).
[5] https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/01/15/strage-di-viareggio-la-cassazione-condanna-tutti-ma-per-moretti-e-altri-si-dovra-ricalcolare-la-pena-gli-avvocati-evitato-rischio-carcere/7410961/.
[6] Il mondo che vorrei, associazione familiari vittime della strage di Viareggio, https://www.ilmondochevorreiviareggio.it/index.php.