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Rebranding strategy: anche i migliori rimodellano la reputazione

“In today’s world, where ideas are increasingly displacing the physical in the production of economic value, competition for reputation becomes a significant driving force, propelling our economy forward.”

Come ricorda Alan Greenspan, in un mondo dove idee, progetti e iniziative imperano sulla fisicità materiale, la reputazione diventa valore di estrema competitività sul mercato; una vera forza trainante per l’economia.

La costruzione del patrimonio invisibile dipende dalla combinazione di diversi fattori, ognuno dipendente dall’unione dell’azione del soggetto di un’attività (manager, imprenditore o azienda) e della percezione da parte del soggetto beneficiario della stessa attività (clienti, iscritti e stakeholder).

La forte incidenza delle emozioni degli altri nella realizzazione della reputazione rende il suo percorso di crescita estremamente complesso e delicato. Diversi elementi concorrono per l’edificazione di una reputazione sostenibile: tra questi si ricordano i 6 punti di sostenibilità brand e corporate, requisiti indispensabili per compattare l’asset aziendale in ogni sua dimensione.

Preservarli tutti non è affatto semplice, specialmente nel medio-lungo termine. Accanto a pericoli perlopiù legati a questioni di eticità, concorrenza e miopia di marketing; l’inattitudine, il disinteresse e la scarsa proattività di un’organizzazione nei confronti dei mutamenti del mercato può gravitare su uno o più criteri di welfare aziendale, innalzando sensibilmente il rischio reputazionale.

Evoluzione del mercato: seguire l’innovazione per salvare la reputazione

A risk to its reputation is a threat to the survival of the enterprise. Come ammonisce Peter J, Firestein, il rischio reputazionale rappresenta la prima crepa da cui può degenerare l’intero equilibrio aziendale. La sopravvivenza di un’organizzazione si poggia, infatti, sul sistema percettivo positivo condiviso dalla sua nicchia di portatori di interessi.

Seppure invisibile, la macchia negativa del visual hammer collettivo è l’evidenza più cristallina di una reputazione danneggiata: biglietto da visita di un’azienda sull’orlo della rovina e in piena corsa ai ripari attraverso specifiche attività di crisis management.

Tale scenario catastrofico non dovrebbe sorprendere. Anche all’interno delle dinamiche mercato, l’incapacità adattiva alla realtà esterna intesa in termini sociali ed economici può innescare la crisi, innalzando il rischio di fallimento dell’attività, con ricadute a cascata sulla reputazione.

Al giorno d’oggi ledere la stabilità reputazionale è, infatti, davvero semplice. In un mondo sempre più digitalizzato e interconnesso, paradossalmente è la rapidità, la vera costante e, spesso, non sempre si è in grado di rispondere coerentemente all’evoluzione frenetica delle dinamiche di mercato.

Di fronte a tale tensione febbrile, l’apertura all’innovazione diventa un pilastro reputazionale basilare per preservare lo stato di salute e il posizionamento di un opinion leader o di un’azienda, con conseguente incentivazione e tutela del passaparola positivo.

Strategie di rebranding: rinnovare la reputazione è diventata oggi una necessità

“But every disaster has its own rhythm, which need to be established and analysed”, la dichiarazione proviene dal World Economic Forum (2007) e rassicura circa l’opportunità diagnostica della perdita. Nel negativo, il postivo: nell’accezione più ottimistica dell’errore, il fallimento reputazionale diventa un nuovo inizio; un punto da cui ripartire per rimettersi in sesto.

Nell’ambito marketing e comunicazione, il periodo di riparazione susseguente alla crisi è generalmente seguito da una fase di rebranding, strategia di restyling indispensabile per ripristinare l’identità brand o corporate in piena linea con i cambiamenti della società.

Rinnovare la reputazione a partire dalla propria identità visiva e grafica non è un bisogno nuovo: nel corso della sua naturale evoluzione, ogni azienda, anche affermata, ha sperimentato almeno una volta la necessità di mutamento a livello di logo e/o attività di comunicazione per rafforzare il proprio posizionamento.

Il restyling creativo avviene in un dato momento storico, in parallelo a un’innovazione strategica importante – come un’acquisizione, una fusione o un riassetto – o, in alternativa, a un’immagine non più accattivante; ancora, a una comunicazione troppo impolverata e inespressiva, ormai incapace di veicolare il messaggio originario.

L’upgrade del brand può essere totale o parziale; di genere evolutivo (la crescita del brand è sincronica alla crescita dell’azienda; rivoluzionario (il mutamento del brand è radicale e indica un cambio di paradigma), reattivo (la rinascita del brand consegue ca un evento interno o esterno determinante) o proattivo (una rivitalizzazione intenzionale per ottimizzare le opportunità di business).

Di norma, ogni modifica è generalmente dettata dalle trasformazioni sociali ed economiche del presente, basti pensare all’ondata minimalista e alla rapida diffusione grafico-verbale del “less is more” che ha modellato a livello internazionale loghi e copy sul principio della semplicità essenziale.

Nell’immagine: il logo Barilla ieri e oggi.

Da semplice attività opzionale, l’attività di rebranding è diventata oggi una vera necessità per la sopravvivenza stessa di un’organizzazione. Il cambio più o meno radicale di un brand attraverso la revisione di un logo o un volto, rappresenta infatti un’attività propedeutica alla scalata del business; una strategia vitale per la crescita reputazionale.

Rebranding e reputazione: un imperativo che vale anche per i migliori

Nel mercato, anche i migliori rinnovano la reputazione, consapevoli dei vantaggi che la rivisitazione stilistica apporta all’intero portafoglio degli asset aziendale. L’attività di rebranding come la intende Gaetano Grizzanti (2011), può essere infatti definita come la capacità di “trasformare il marchio in una marca”, specificandone il valore in termini di posizionamento sul mercato, il tone of voice e, in generale, l’attitudine aziendale.

Dall’alto della loro storica autorevolezza o memoralibilità; persino i colossi del mercato sentono il peso degli anni e nutrono il desiderio di “svecchiare” la comunicazione attraverso cambiamenti stilistici nel design e nello stile. In un mercato in costante evoluzione, tutto muta e chi non si adatta, in breve, destinato all’estinzione.

Nell’immagine: l’attività di rebranding Fanta da ieri a oggi.

Tra i più noti rebrand storici si ricorda la Fanta e la Pepsi che, nel corso tempo, ha perso i riccioli abbandonando le grazie a favore di caratteri tipografici decisi e sempre più minimali.

Nell’immagine: l’attività di rebranding Fanta da ieri a oggi.

Impossibile non citare in merito la Apple: la mela che ieri volteggiava sopra la testa di Newton è oggi caduta dall’albero. Correndo, anche il frutto morsicato da tutto il mondo si è levigato sul principio del minimalismo, registrando mutamenti continui, spesso anche impercettibili, per elevare l’essenzialità – nel colore, nella comunicazione e nel design – a sua prima qualità distintiva.

Nell’immagine: il logo Apple ieri e oggi.

Dagli esempi soprammenzionati è evidente che il percorso di rivitalizzazione è, dunque, un imperativo reputazionale che coinvolge ogni realtà: la norma vale per tutti, anche per i migliori sul mercato. La rivisitazione rappresenta una nuova primavera stilistica; la rinascita che spolvera, lucida e rinvigorisce la reputazione; sempre coerentemente alle esigenze di un dato momento storico.

Sono innumerevoli i noti gli esempi di rebranding da citare: l’onda del cambiamento ha rivoluzionato il settore dell’intrattenimento, intere squadre di calcio, il mondo della ristorazione, i social network… l’ultimo caso esemplificativo italiano proviene dal settore dell’automotive: la nota casa automobilistica FIAT, ad esempio, si è tinta di arancione, annunciando pubblicamente lo stop della produzione delle auto grigie, noto come Operation No Grey”.

Attività di rebranding: una strategia a più rischi e soluzioni

La miglior strategia per affrontare il cambiamento è adattarsi, adeguando la propria identità e la propria comunicazione alle esigenze del presente. Sul piano ideale, la strategia di rebranding di un’organizzazione dovrebbe essere vista come un ciclo in costante aggiornamento; una vera operazione di gestione straordinaria della marca.

A seconda delle esigenze, l’operazione può rimodellare uno o più asset che creano l’identità di un opinion leader o di un’azienda, quali:

  • Design, grafica e colori
  • Tone of voice e comunicazione
  • Campagne di marketing e pubblicità
  • Slogan e payoff
  • Prodotti, servizi e packaging
  • Pubblico e target d riferimento
  • Canali di distribuzione

Non bisogna temere l’evoluzione, ma abbracciare il cambiamento: è questa la regola numero uno del successo. Tuttavia, è bene evidenziare che ciascuna modifica non deve mai essere presa a cuor leggero a causa dell’alta percentuale di rischio che il mutamento stesso potrebbe innescare.

Per evitare confusione, delusione e disorientamento generale da parte degli interessati, con conseguente perdita di clienti, iscritti e stakeholder è consigliato l’affiancamento di esperti, per supportare la ricostruzione stilistica con soluzioni mirate alle proprie esigenze.

Se sei interessato a rivoluzionare, la tua storia, il tuo volto o il tuo logo attraverso attività di brand o personal rebranding puoi affidarti all’efficacia del nostro ecosistema.

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